All’interno dell’articolo parleremo di:

Parlare di Tecnologia Positiva significa riferirsi ad un approccio innovativo molto importante, ma di cui si sa ancora troppo poco. Ormai è chiaro che le tecnologie sono parte della nostra quotidianità e il loro utilizzo aumenta sempre di più. Nella nostra società contemporanea questo è oggetto di preoccupazioni e di rappresentazioni negative. Infatti i nuovi media sono accusati di creare dipendenza, di raffreddare i rapporti umani, di innescare dinamiche sociali negative, di depotenziare processi di scrittura e lettura e, non ultimo, di impoverire i processi di apprendimento.

Cos’è la Tecnologia Positiva e com’è nata

Partendo proprio da questo, si è sviluppata la necessità di indagare gli effetti positivi dell’uso della tecnologia, in modo da rendere evidenti le grandi potenzialità dei nuovi media sia a livello cognitivo, emotivo e sociale.

È in questo senso che è nata la Tecnologia Positiva definita come “un approccio scientifico applicativo che usa la tecnologia per modificare le caratteristiche della nostra esperienza personale – strutturandola, aumentandola o sostituendola con ambienti sintetici – al fine di migliorare la sua qualità e aumentare il benessere in individui, organizzazioni e società” (Riva et al., 2012). La cornice teorica di riferimento di questa disciplina è la psicologia positiva, la quale sposta l’attenzione sui punti di forza e le risorse degli individui valorizzandoli, e sulla promozione dell’empowerment sociale e dello sviluppo individuale (Seligman & Csitksentmihaly, 2000).

Un altro contributo importante a livello teorico, che confluisce nella tecnologia positiva, è la psicologia cognitiva dedicata allo studio dei processi cognitivi coinvolti nell’esperienza soggettiva (percezione, memoria, ragionamento, pensiero). La strutturazione della nuova disciplina orientata sull’effetto benefico delle tecnologie, parte da uno studio fondamentale che ha messo in stretta relazione la psicologia positiva con lo studio dei processi cognitivi. Martin Seligman ha affermato che per raggiungere il funzionamento ottimale a livello individuale e sociale bisogna fare riferimento a tre aspetti importanti del buon vivere (Seligman, 2000): 

  •  una vita piacevole, la quale si raggiunge grazie all’esperienza di emozioni positive;
  •  una vita coinvolgente, raggiungibile mediante il coinvolgimento in attività gratificanti;
  •  una vita dotata di senso, ovvero il perseguire uno scoppio più ampio di sé stessi. 

Da qui si è dedotto che il funzionamento positivo è il risultato della combinazione di tre tipi di benessere (Keyes e Haidt, 2003; Keyes e Lopez, 2002): il benessere emotivo (qualità affettiva); benessere psicologico (coinvolgimento/autorealizzazione); benessere sociale (relazione e stima sociale). Grazie a queste riflessioni derivanti dalla forte connessione di queste due aree di ricerca, si può comprendere come le nuove tecnologie possano favorire lo sviluppo e il benessere (Botella et al., 2012).

Come si struttura la Tecnologia Positiva

Sempre secondo questi studiosi, la tecnologia positiva in ambito applicativo si suddivide in tre aree diverse: tecnologie edoniche, tecnologie eudaimoniche, tecnologie sociali/interpersonali. 

Le tecnologie edoniche sono il primo livello di tecnologie positive e sono quelle utilizzate per promuovere le emozioni positive. Il modello di riferimento in questo caso è quello di Russel (2003), secondo cui è possibile modificare la qualità affettiva di un’esperienza attraverso la manipolazione del “core affect”, uno stato affettivo di base dato dalla combinazione delle cinque dimensioni di attivazione e valenza.

Esso è una condizione fluttuante e priva di oggetto, ma nel momento che viene direzionato verso un oggetto, dà vita ad un’emozione. Dunque, questo tipo di tecnologie cercano di indurre uno stato emotivo positivo modificando il “core affect” (aumento della valenza positiva e del livello di attivazione). Esempi di questo tipo di tecniche sono le app che migliorano la gestione dello stress e favoriscono il rilassamento o l’utilizzo della realtà virtuale che vedremo più avanti. 

Le tecnologie eudaimoniche sono il secondo livello delle tecnologie positive e mettono gli individui in condizioni di realizzare esperienze coinvolgenti e autorealizzanti. In questo caso il modello di riferimento è quello del Flow, sviluppato dal fondatore della psicologia positiva, Csikszentmihalyi (1990). Il Flow o esperienza ottimale è uno stato di consapevolezza positivo che si esperisce in situazioni di equilibrio tra la sfida proposta dall’ambiente (challenge) e la valutazione di possedere le capacità per fronteggiarla (skill).

Esempi di queste tecnologie sono quelle in grado di aiutare i processi di meditazione o di aumentare la consapevolezza di ciò che stiamo facendo, tecnologie immersive e interattive come i serious game e in particolare l’utilizzo della realtà virtuale come strategia di “trasformazione del flow” (Riva et al., 2009): attingere da un’esperienza ottimale indotta dalla tecnologia e utilizzarla per promuovere nuove e inattese risorse psicologiche, attraverso una serie di attività.

Le tecnologie sociali/interpersonali sono il livello finale e vengono utilizzate con lo scopo di supportare e migliorare la connessione sociale tra individui, gruppi e organizzazioni. Il modello su cui si basa questo livello è quello secondo cui avere e mantenere delle reti sociali stabili e ampie è un importante fattore di protezione nei confronti della salute e aumenta la probabilità di esperire maggior benessere (House, Landis, & Umberson, 1988).

Un esempio interessante è dato dall’utilizzo del social networking e pervasive computing per contribuire a ridurre la sensazione di isolamento sociale e la depressione nelle persone anziane (Morris, 2005). Dunque, tutte queste tecnologie tendono a sviluppare senso di appartenenza e creare senso di comunità anche in situazioni in cui le persone non sono co-presenti fisicamente. Ma a livello pratico come si crea una tecnologia? Dal punto di vista tecnologico, la tecnologia positiva interviene sui fattori che caratterizzano un’esperienza attraverso questi nuovi mezzi tecnologici utilizzandoli in tre diversi modi (Riva et al., 2012): 

  • Per strutturare l’esperienza utilizzando un obiettivo, il quale orienta l’azione delle regole, le quali mostrano punti di vista alternativi dell’esperienza e dei feedback per supportare la motivazione. Esempi di questo metodo applicativo sono i serious game, persuasive technology e social media.
  • Per “aumentare” l’esperienza attraverso la multisensorialità e l’inserimento di oggetti virtuali sovrapposti a quelli reali. Un esempio di quest’applicazione è la realtà aumentata. 
  • Per sostituire l’esperienza reale con una sintetica, che faciliti la controllabilità da parte dell’utente. In questo caso la tecnologia più utilizzata è la realtà virtuale.

Se continuiamo ad indagare in questo senso, ci accorgiamo facilmente che le tecnologie positive poggiano sulle tecnologie esperienziali, le quali, come detto in precedenza, intervengono sull’esperienza nei diversi modi appena presentati con l’obiettivo ultimo di intervenire sull’interazione. Infatti, attraverso le tecnologie positive “è possibile modificare un trend dell’interazione uomo-computer, rendendo l’interazione con i nuovi media il più possibile simile all’interazione come un ambiente reale” (Riva et al., 2012). Da questi studi si sono sviluppate una serie di aree di ricerca che hanno portato alla nascita di tecnologie che permettono all’utente di fare e vivere un’esperienza, unendo la componente percettiva con l’interattività.

Un esempio è quello che sta facendo Vrainers, con lo scopo di far vivere alla persona un’esperienza altamente immersiva e interattiva.

Bibliografia

Amichai-Hamburger Y., 2009. Technology and psychological well-being. Cambridge, UK: Cambridge University Press.

Botella C., Riva G., Gaggioli A., et al. The present and future of positive technologies.

Riva G., 2012. Psicologia dei nuovi media, il Mulino, Bologna.

Riva, G., 2010. I social network. Bologna: Il mulino.


Libro – “Realtà virtuale e intelligenza artificiale: rischi e opportunità.”

Le macchine sono davvero più intelligenti degli esseri umani? Quali sono le capacità propriamente umane su cui dovremmo concentrarci?

L’obiettivo primario è comprendere i vantaggi e gli svantaggi della realtà virtuale e aumentata e alle differenze tra intelligenza umana e intelligenza artificiale. Passando poi ad una riflessione: creatività, l’empatia e l’immaginazione possono essere riprodotti o replicati da un’intelligenza artificiale?

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