In un periodo come quello che stiamo vivendo, caratterizzato dalla confusione e dall’incertezza, un tema molto dibattuto è quello dell’onboarding. Iniziamo però a spiegare di cosa si tratta. L’onboarding riguarda il percorso di accompagnamento “a bordo” del neoassunto nella nuova realtà; in altre parole quell’insieme di attività e processi che hanno l’obiettivo di far acquisire al nuovo personale competenze e capacità necessarie per diventare parte integrante dell’organizzazione. Quello che succede molto spesso, è la tendenza a banalizzare questo processo, identificando quest’ultimo come dei semplici passaggi che vanno dalla compilazione dei documenti di assunzione e spiegazione della politica aziendale all’assegnazione dell’ufficio. Ma questo processo è tutt’altro che banale perché si porta dietro un’opportunità cruciale per influenzare le prestazioni future del neodipendente, il successo nel proprio ruolo e la soddisfazione per il proprio lavoro. In questo articolo cercheremo di capire insieme perché l’onboarding è importante e come ottimizzarlo, partendo da un’analisi degli aspetti psicologici che entrano in gioco durante questo processo fino ad arrivare alle metodologie innovative che si stanno sviluppando. 

Partiamo da un presupposto di base: il neoassunto si trova in un contesto nuovo per lui e la novità porta con se preoccupazione da una parte e dall’altra voglia di fare. In questa situazione ci si trova a relazionarsi con persone mai viste, con le quali si deve iniziare a condividere molto tempo insieme da lì in poi. Inoltre il neoassunto è avvolto dalla preoccupazione di dimostrare ai propri superiori di aver fatto la scelta giusta, con la conseguenza dell’imperativo costante di dover fare bene e comprendere le caratteristiche della propria mansione quanto prima. Tutto questo a livello psicologico psicologico si può tradurre in elevati livelli di ansia e stress, che possono portare ad un conseguente abbassamento dei livelli di prestazione sia nel neoassunto sia negli altri dipendenti. D’altra parte però, come detto in precedenza, la novità può essere anche una spinta motivazionale al cambiamento; in altre parole l’individuo si rimette in gioco sperimentando le proprie abilità, potenziandole e acquisendone nuove. Dunque, a livello psicologico il neoassunto può “vedere” tutto questo come la possibilità di ampliare il proprio baglio di soft skills e hard skills (capacità tecniche) e soprattuto per una crescita a livello professionale e personale.

Il processo di onboarding è fondamentale affinché l’individuo appena assunto riesca ad equilibrare quegli aspetti psicologici presentati in precedenza, favorendo il suo coinvolgimento e fidelizzazione all’azienda. Quest’affermazione viene confermata anche da uno studio promosso dall’Academy of Management Journal, il quale rileva come i primi 90 giorni di lavoro siano fondamentali per la creazione di un rapporto duraturo con l’azienda. A questo punto vi chiederete: in un periodo come questo che stiamo vivendo, in cui lo smart working è sempre più diffuso, com’è possibile svolgere un onboarding efficace? Ecco qui che entra in gioco la tecnologia. Da alcuni anni ormai, si stanno edificando diverse realtà che includono nel processo di onboarding l’utilizzo della VR o altri strumenti all’avanguardia, con l’obiettivo di rimanere al passo con il progresso tecnologico, ma l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo oggi, ha fatto si che questo fenomeno sia diventato una necessità. Infatti al percorso tradizionale di accompagnamento del neoassunto, è nato il cosiddetto onboarding digitale il quale presenta dei potenziali vantaggi che possono, però, diventare ostacoli nel momento in cui non sia gestito in maniera ottimale. Nella realtà odierna dello smart working, la realtà virtuale assume un ruolo fondamentale per far si che il neoassunto si senta ben accolto e sicuro di sè fin dal primo giorno, nonostante la difficoltà ad avvicinarsi agli altri colleghi per fare domane e l’assenza di eventi aziendali. Le caratteristiche principali dell’onboarding digitale sono l’assenza di un ambiente fisico, la flessibilità del contenuto, i costi accessibili, la fruibilità e l’innovazione. Come dicevo prima, queste sono dei vantaggi che contengono al loro interno il rischio di diventare un ostacolo per la persona. Prendiamo ad esempio l’ambiente fisico: il vantaggio rappresenta la possibilità di intraprendere questo percorso in qualsiasi luogo (a casa, in ufficio, ecc..), mentre il rischio è che la persona non entra può conoscere gli altri colleghi e non prende piena consapevolezza degli spazi di lavoro. I contenuti allo stesso modo possono essere personalizzati in base all’azienda e alle caratteristiche dei propri dipendenti, ma bisogna fare molta attenzione alle loro modalità di presentazione, di costruzione. L’onboarding digitale può essere fruibile da diverse piattaforme come smartphone, pc, tablet, visore Oculus, ma anche in questo caso il rischio è che l’individuo passi troppo tempo su quegli strumenti, una delle fonti di stress, mischiando vita professionale e personale. Sicuramente ci sono alcuni aspetti potrebbero rendere l’onboarding digitale efficace a partire dal contenuto: sarebbe un buon punto di partenza cercare di capire i bisogni del neoassunto e il contesto della propria abitazione in cui gli smart worker si trovano a lavorare, pensando ad un contenuto adatto ad un ufficio in casa. A mio avviso potrebbe essere un’ottima soluzione utilizzare una metodologia di onboarding integrata, che preveda dei percorsi online e con la realtà virtuale alternati da formazione in presenza (ove possibile), così da facilitare il neoassunto all’inserimento nel nuovo contesto aziendale. Strutturare un percorso del genere necessita di un’equipe multidisciplinare, composta da tecnici della grafica, programmazione ed esperti di marketing, comunicazione e di processi psicologici. Un esempio è Vrainers, che grazie al suo team sta strutturando dei percorsi di formazione integrati dalla realtà virtuale con l’obiettivo mantenere il focus sul benessere e di favorire opportunità di crescita per i lavoratori e di conseguenza per le aziende. Dunque, strutturare un percorso di onboarding che sia allo stesso tempo coinvolgente, efficace e stimolante è una delle sfide più grandi per le aziende; mi preme anche dire che, se pensiamo al periodo che stiamo vivendo, bisogna ancora di più impegnarsi a trasformare gli ostacoli in opportunità di crescita. 

Vorrei concludere come mio solito con un’affermazione di un grande economista austriaco, che aveva già riconosciuto il potenziale della tecnologia: “L’innovazione è lo strumento specifico dell’imprenditoria. L’atto che favorisce il successo con una nuova capacità di creare benessere” (Peter Drucker).  

Bibliografia e Sitografia:

Stein M. Successful Onboarding: Strategies to Unlock Hidden Value Within Your Organization.

Bauer, T. N. (2011). Onboarding new employees: Maximizing success. Alexandria, VA: SHRM Foundation’s Effective Practice Guideline Series.

Bauer, T. N., & Erdogan, B. (2011). Organizational socialization: The effective onboarding of new employees. In S. Zedeck, H. Aguinis, W. Cascio, M. Gelfand, K. Leung, S. Parker, & J. Zhou (Eds.). APA Handbook of I/O Psychology (Vol. 3, pp. 51-64). Washington, DC: APA Press.

Sims D. Creative Onboarding Programs: Tools for Energizing Your Orientation Program.

Bauer, T. N. (2013). Onboarding: The power of connection.

www.mindwork.it

Zidena, A.A., & Joob, O.C. (2020). Exploring Digital Onboarding for Organisations: A Concept Paper. International Journal of Innovation, Creativity and Change, 13(9), 734–750. https://api.semanticscholar.org/CorpusID:220859823

Autore articolo

Francesco Palazzo

Laureato in scienze e tecniche psicologiche presso l’Università degli studi L’Aquila. Specializzato in Psicologia del Benessere: empowerment, riabilitazione e tecnologie positive, presso L’Università Cattolica del Sacro Cuore sede di Milano. Master in Psicologia dello sport. Specializzato sull’utilizzo delle Tecnologie Positive applicato ai diversi ambiti psicologici, conducendo uno studio sperimentale sul potenziamento cognitivo e del gesto tecnico-motorio su giovani tennisti agonisti tramite un training integrato di allenamento mentale e realtà virtuale

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