Oggi vorrei parlarvi di un argomento fondamentale per la vita di tutti i giorni: le soft skills. Mi soffermerò su due domande principali che saranno la linea guida di questo scritto: cosa sono? Come si possono sviluppare e potenziare? Prima di tutto mi preme dire che le soft skills sono chiamate anche competenze trasversali, concetto promosso dal modello ISFOL (Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori): “quell’insieme di caratteristiche individuali connesse ad una prestazione lavorativa e situazionale di natura relazionale, organizzativa e cognitiva” (Boyatzis, 1982).
Partiamo ora dalla definizione del dizionario inglese Collins: “qualità desiderabili per alcune forme di occupazione che non dipendono da conoscenze acquisite, che comprendono il senso comune, la capacità di trattare con le persone e un atteggiamento flessibile e positivo”. Se provassimo a spiegare in altre parole questa definizione, potremmo dire che le soft skills sono delle abilità personali che, nonostante la presenza di una predisposizione genetica, si acquisiscono e ottimizzano con l’esperienza. Le soft skills principali sono le seguenti: comunicazione efficace, intelligenza emotiva, lavoro di gruppo, gestione dello stress, creatività, autoefficacia, decision making, relazioni efficaci e problem solving.
Queste caratteristiche sono fondamentali in ambito professionale, poiché in grado di influenzare il modo in cui ci approcciamo al mondo del lavoro; un aspetto da evidenziare però, è che le soft skills non sono specifiche rispetto ad un contesto lavorativo, ma sono adattabili a tutti quelli della nostra esistenza. Motivo per cui è stato promosso il concetto di competenza “trasversale”, denotando una maggiore flessibilità contestuale.
Dunque, a questo punto, la domanda che in molti si fanno è: quali sono le modalità per sviluppare queste competenze? Per prima cosa l’esperienza in sè ci permette di diventare consapevoli delle nostre abilità e allo stesso tempo dei propri limiti. Senza questo processo diventa molto difficile lavorare su noi stessi. In risposta alla domanda vorrei soffermarmi su una nuova modalità di ottimizzazione delle soft skills. Il rapido sviluppo tecnologico ha portato ad una richiesta sempre maggiore di innovazione e capacità di adattamento sopratutto in ambito professionale. Infatti, oggi moltissime aziende hanno iniziato a vedere la realtà virtuale come un mezzo in grado di apportare un valore aggiunto in diversi campi. Le competenze trasversali sono sempre richieste nelle diverse attività lavorative e giocano un ruolo fondamentale nel successo professionale, indipendentemente dal contesto in cui si è inseriti. Da una parte le aziende si sono sempre affidate a corsi online e professionisti di psicologia in grado di creare dei percorsi di tutoring per i dipendenti. Grazie alle tecnologie digitali, si è aperta una nuova strada: la realtà virtuale, la realtà aumentata e l’intelligenza artificiale permettono di creare degli ambienti virtuali all’interno dei quali le persone si allenano in situazioni differenti. I vantaggi di adottare queste metodologie innovative sono una maggiore efficacia in termini economici, di riduzione dei tempi e dei rischi e di flessibilità. In altre parole nuovi modi di fare formazione: si possono creare scenari adatti ad ogni tipo di contesto in cui opera il lavoratore, con la possibilità di interagire con la tecnologia attraverso feedback verbale e gestuale. L’aspetto innovativo è che si possono formare persone in ogni parte del mondo, senza doverle costringere a spostarsi, in un ambiente sicuro e senza che in ogni singola seduta serva la presenza del formatore. Oggi ci sono molte realtà che hanno già previsto l’utilizzo della realtà virtuale: DHL ha istituito una piattaforma VR per far allenare i dipendenti sull’attività di carico e scarico, in modo da ottimizzare spazi, tempi e costi. La grande catena di alberghi Hilton utilizza la realtà virtuale per i propri dipendenti come training di potenziamento dell’empatia, una capacità comunicativa fondamentale quando si lavora a contatto con le altre persone. Questi sono solo degli esempi, ma grazie alla realtà virtuale si potrebbero creare training di ogni tipo. Si possono creare simulazioni per la gestione di situazioni complesse, in cui anche un piccolo errore può portare a conseguenze molto negative (operazioni chirurgiche, incendi, interrogatori, terremoti). Ancora si può fare formazione per ottimizzare la selezione del personale, assunzioni e licenziamenti. L’azienda Walmart, catena di negozi di vendita al dettaglio, è stata tra i pionieri dell’impiego della VR nel mondo del lavoro mettendo a disposizione in tutti i punti vendita degli Stati Uniti visori Oculus Go. In questo modo è stato fornito lo stesso livello di formazione sia ai dipendenti sia ai loro manager e responsabili con l’obiettivo ultimo di ottimizzare alcune delle competenze trasversali quali empatia, gestione del servizio clienti e conformità della merce. Dopo questa carrellata di esempi mi preme evidenziare un aspetto molto importante: questa tecnologia ha un potenziale elevato, ma non abbastanza da sostituire il lavoro degli esperti di formazione e psicologi. E’ bene ricordare che affinché una simulazione virtuale sia efficace, c’è bisogno di un lavoro strutturato in grado di integrare lato tecnico e contenutistico. Per intervenire su quest’ultimo aspetto il lavoro dello psicologo non è da sottovalutare tanto quanto quello dei tecnici esperti di tecnologia.
Vrainers punta proprio a quest’idea di confronto e integrazione tra professionisti di ambito differente, con l’obiettivo di progettare e creare prodotti caratterizzati da dinamicità, flessibilità, e che possano essere il più completi possibili. Ad esempio il team sta lavorando ad un training molto pratico, che accompagna la persona a svolgere un lavoro su se stesso per poi allenare le proprie capacità comunicative, con lo scopo ultimo di ottimizzare “l’arte di parlare in pubblico”. Questo tipo di percorso è stato creato e implementato da esperti della mente e della tecnologia.
Detto questo ancora oggi l’utilizzo della realtà virtuale è ostacolato dal costo dei visori e di sviluppo dell’esperienze e da una riluttanza da parte delle generazioni più mature. D’altra parte c’è da dire che molte aziende stanno puntando sui Millennials e di conseguenza bisognerà adattarsi ai loro comportamenti, stili di pensiero e metodi di formazione preferiti, sempre più tendenti alle nuove tecnologie. Una svolta nel mondo del lavoro sarà segnata nel momento in cui le persone supereranno l’idea della realtà virtuale come uno strumento di intrattenimento, e inizieranno a capire che può essere un mezzo in grado di portare al successo e dare valore ad aziende, associazioni ed enti.
In questo breve articolo ci siamo soffermati sull’ambito professionale, ma il discorso affrontato in precedenza potrebbe essere esteso anche ad altri contesti della nostra vita (sport, famiglia); come dice la parola stessa, le competenze trasversali sono indipendenti dal ruolo e dal contesto, dunque fondamentali per l’esistenza di ognuno di noi. Come sapete, mi piace concludere l’articolo con una citazione; questa è un’affermazione molto breve, ma a mio avviso molto profonda: “Saper ascoltare significa possedere, oltre al proprio, il cervello degli altri (Leonardo Da Vinci).”
Bibliografia e Sitografia:
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www.nfon.com
Autore articolo:
Francesco Palazzo
Laureato in scienze e tecniche psicologiche presso l’Università degli studi L’Aquila. Specializzato in Psicologia del Benessere: empowerment, riabilitazione e tecnologie positive, presso L’Università Cattolica del Sacro Cuore sede di Milano. Master in Psicologia dello sport. Specializzato sull’utilizzo delle Tecnologie Positive applicato ai diversi ambiti psicologici, conducendo uno studio sperimentale sul potenziamento cognitivo e del gesto tecnico-motorio su giovani tennisti agonisti tramite un training integrato di allenamento mentale e realtà virtuale
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